Dopo l’apertura del Festival Bolzano Danza 2016 con Alonzo King, altra prima italiana per il prestigioso festival con la tedesca globetrotter della danza Helena Waldmann. A cavallo tra la regia, la coreografia e la ricerca sociologica, le sue produzioni realizzate in Medioriente, in America Latina, Asia e Africa racchiudono le contraddizioni della vita e le fragilità dell’essere umano.
I lavori di Helena Waldmann, sempre toccanti, affrontano temi di grande attualità: in “BurkaBondage” la costrizione del corpo femminile nella cultura islamica; in “Return to sender”, interpretato da sei donne esiliate iraniane, la politica europea dell’immigrazione; in “Feierabend! – das Gegengift” propone il suo antidoto anarchico alla dittatura della moderna meritocrazia; in “Get a revolver” (assolo per Brit Rodemund nominata “Danzatrice dell’anno” nel 2011), un inno all’oblio come fonte di possibile felicità.
La sua ultima creazione che Bolzano Danza ospita in prima ed esclusiva italiana si intitola “Made in Bangladesh” e racconta la condizione di lavoro nell’industria dell’abbigliamento nel paese asiatico. In scena dodici interpreti bengalesi di Kathak traducono in danza le critiche condizioni delle fabbriche sulla musica di Daniel Dorsch e Hans Narva.
Nello spettacolo il ritmo percussivo dei piedi sul pavimento compete con lo sferragliamento delle macchine da cucire e le pirouettes degli interpreti con le bobine rotanti dei filati. C’è una corrispondenza tra il ritmo veloce del Kathak e lo sfinimento fisico. E laddove non fosse così palese il parallelismo ci pensano alcune interpreti a raccontare la loro esperienza con dichiarazioni raccolte dalla coreografa e riportate sul fondale: “Non sono fisicamente abbastanza forte per questo lavoro. Questo è sfruttamento e abuso”. Ma al tempo stesso al microfono proclamano: “Sono orgogliosa di essere parte dell’industria della moda, orgogliosa di essere indipendente”.
È su questa ambivalenza che Waldmann costruisce lo spettacolo: ciò che per una donna è costrizione, per un’altra rappresenta invece indipendenza finanziaria. E l’analogia con il mondo dello spettacolo europeo è presto fatta. Una delle frasi sul fondale riporta: “Lo scorso anno ho danzato 60 spettacoli, quest’anno 100 per gli stessi soldi”.
“Made in Bangladesh” è stato nominato per il prestigioso riconoscimento teatrale tedesco Premio Faust per la categoria “coreografia”.
20.07.2016, h. 21.00 • Teatro Comunale | Sala Grande, Bolzano
Michele Olivieri
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