Due nuovi assoli per Aakash Odedra

da tuttoDanza
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In prima italiana, presso il Teatro Comunale | Teatro Studio, nell’ambito dell’imminente Festival “Bolzano Danza 2016”, martedì 19 luglio alle ore 21, andrà in scena l’anglo-indiano Aakash Odedra, artista che ha fatto parlare molto di sé negli ultimi anni.

Aakash Odedra, eccellente one-man-show, affascinante interprete di Kathak (la danza tradizionale dell’India studiata sin da bambino) e danzatore contemporaneo interprete anche per Akram Khan, fonde in sé due mondi artistici e culturali. La sua sperimentazione si orienta a incontrare una vasta gamma di coreografi contemporanei che su di lui e per lui creano coreografie uniche. Già ospite a Bolzano Danza 2012 con “Rising”, spettacolo firmato da Russell Maliphant, Sidi Larbi Cherkaoui e Akram Khan che gli è valso il Premio Danza&Danza, Odedra torna al festival con due nuovi assoli autobiografici creati per lui dal franco-belga Damien Jalet, “Inked”, e dall’australiano Lewis Major, “Murmur”.

“Murmur” esplora l’esperienza fisica della dislessia, diagnosticata ad Aakash Odedra da bambino, in un ambiente scenico che distorce la realtà grazie all’utilizzo di proiezioni con effetti 3D elaborati da Ars Electronica Futurelab di Graz; Inked si ispira all’antica pratica di creare identità attraverso il tatuaggio e la scarificazione, ovvero la deformazione cutanea a scopi decorativi e protettivi.

Ho fatto lo spelling sbagliato del mio nome per 21 anni” ricorda Odedra. “Da qui è partito il mio lavoro con Major. C’è sempre una connotazione negativa della dislessia ed è comprensibile. La società civilizzata del XXI secolo giudica e misura ancora l’intelligenza attraverso la capacità di lettura e scrittura. Si dimentica invece l’intelligenza emotiva e creativa. La mia idea è sfidare questo pensiero. La dislessia per me non è stata una maledizione, ma al contrario una benedizione. Sento e vedo il mondo in modo differente”.

Anche “Inked”, che apre la serata, parte da una nota autobiografica ma è un lavoro completamente differente. Si sviluppa da un ricordo preciso: il tenere la mano della nonna morente. Appartenente alla casta del guerriero Rajput, la nonna di Aakash portava sulla mano blasonati tatuaggi, simboli di appartenenza e al tempo stesso di protezione in quanto monito al mondo delle sue origini guerriere.

Spiega Odedra: “Ho iniziato a pensare alle ragioni che spingono le persone a tatuare il proprio corpo: in alcuni casi è una scelta forzata in altri lo si fa per ricordare qualcuno che si ama o si è amato. Sono svariate le ragioni e tutte lecite. Ma la verità è che non si tratta di qualcosa di veramente eterno perché solo l’anima lo è”. Lavorando con Jalet, Aakash Odedra costruisce una pièce in cui danza con e intorno all’inchiostro nero, restituendo segni sul proprio corpo e, verso la fine, su un grande foglio di carta che copre il pavimento. La danza è circolare, come il ciclo della vita, e sfiora la trascendenza. “Devo entrare nel regno della morte in questo pezzo – spiega ancora Odedra –. Niente di più naturale, la morte è ciò verso cui tendiamo tutta la vita. Appena entro nello spazio, è un regno differente, il mio ego si sparge. Ho bisogno di cinque, sette minuti alla fine dello spettacolo per uscire nuovamente da quello spazio”.

Michele Olivieri

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