Era una sfida importante quella che il Massimo napoletano si era prefissato in occasione dei quattrocento anni dalla morte di William Shakespeare: mettere in scena Romeo e Giulietta nella versione di Leonid Lavrovskij (rivista da Mikhail Lavrovskij) sulla partitura di Sergej Prokof’ev. E la sfida si può dire vinta. Non tanto in forza della coreografia – benché praticamente sconosciuta nei teatri occidentali e quindi occasione ghiottissima per lo spettatore italiano per poterla vedere in patria – né tantomeno ai protagonisti ospiti ma grazie ad un corpo di ballo notevolissimo, cresciuto negli anni e vero e proprio fiore all’occhiello del Lirico partenopeo. Vediamo nel dettaglio.
Quella di Romeo e Giulietta in danza non ha una storia antica, così come Cenerentola. O meglio, sono esistiti balletti sette-ottocenteschi incentrati sulla storia degli sventurati amanti di Verona ma che non sono sopravvissuti. La storia di Romeo e Giulietta con Tersicore ha origini complessivamente recenti, così come la sopracitata Cenerentola: ed entrambe debbono la fortuna di tantissime e felici composizioni coreografie alla musica di Sergej Prokof’ev. A Prokof’ev venne commissionata nel 1934 per celebrare la Scuola di Ballo di Leningrado ma il progetto naufragò a causa di un cambio di dirigenza. L’idea passò quindi al Teatro Bol’šoj dove la musica venne giudicata non adatta ad un balletto (sarà curioso notare che la stesso giudizio toccò al celebre Lago di Čajkovskij: musica sì sublime ma poco dansante). Dopo una prima versione ad opera di Vania Psota a Brno, il balletto fu consacrato nella coreografia di Leonid Lavrovskij al Teatro Kirov di Leningrado nel 1940.
La versione di Leonid Lavrovskij è a tutt’oggi ballata dal Balletto del Teatro Mariinskij, l’ex Teatro Kirov. E la geografia di Romeo e Giulietta appare molto frastagliata in Russia. Solo per limitarci alle principali compagnie di balletto, ricordiamo che il Balletto del Teatro Bol’šoj danza ovviamente la versione di Yurij Grigorovič, mentre la coreografia di Oleg Vinogradov è in repertorio al Balletto del Teatro Mikhailovskij; il Balletto dell’Opera di Perm’ ha invece preferito quella di Kenneth MacMillan, portata anche in tournée al Teatro Comunale di Bologna nella scorsa stagione.
Poche, pochissime le occasioni di vedere fuori dalla Russia la compagnia del Mariiinskij in questo titolo. In tempi recenti ha fatto eccezione la breve tournée della compagnia di San Pietroburgo al Festival di Ljubljana 2015, dove per due recite è andato in scena per l’appunto Romeo e Giulietta.
La coreografia di Leonid Lavrovskij si muove in una direzione che potremmo definire ‘naturalista’: superate le rigide e cristallizzate geometrie di Marius Petipa, il balletto cerca ora una parvenza di ‘verità’ e di ‘discorsività’ che prima sembravano precluse. Da qui, i toni spesso enfatici e pompier del recitato molto lontano nella concezione dalla pantomima di tipo romantico. La narrazione si muove spesso più per giustapposizioni che per fluidità, rendendo a tratti la visione dello spettacolo un po’ macchinosa. Il vocabolario non è variegato ma molto spettacolare, ricco di grandi scene d’insieme per il corpo di ballo e virtuosismi complicatissimi per i due protagonisti. Tutto questo lo ritroviamo anche nell’adattamento di Mikhail Lavrovskij visto a Napoli e originariamente allestito per il Teatro di Tbilisi in Georgia nel 1983 anche se qualcosa è andato perso. Un esempio su tutti: la scena finale nella coreografia di Lavrovskij-figlio è apparsa molto innaturale rispetto a quella in repertorio al Mariinskij, col corpo di ballo che entra in una rigida sequenza anziché esprimere il dolore che converrebbe al ritrovamento dei due giovani ormai morti.
I protagonisti, come già accennato, pur bravissimi, sono apparsi a disagio in quello che dovrebbe essere lo spirito del balletto. Olesya Novikova e Leonid Sarafanov, rispettivamente First soloist del Teatro Mariinskij e Principal del Teatro Mikhailovskij, sono già noti al pubblico nostrano per essersi esibiti spesso in Italia, anche al Teatro alla Scala. Dal punto di vista tecnico nulla da eccepire. Novikova fa come sempre sfoggio di equilibri incredibili e giri al fulmicotone; Sarafanov ha dalla sua un salto bellissimo ed un legato da manuale. Poco altro però: la componente più vera – quella che costituisce la cifra della coreografia e che dovrebbe far vibrare i personaggi e legare lo spettatore alle vicende dei due giovani amanti – è latitata per l’intera serata.
Bravissimo invece il Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo guidato dal Maître Lienz Chang che non solo ha mostrato un livello tecnico notevolissimo ma che ha anche colto quello spirito irrinunciabile e sconosciuto ai due artisti ospiti. Su tutti ha colpito per la tecnica scaltrita e il virtuosismo effervescente Carlo De Martino nei panni di Mercuzio. Ma non da meno è apparso il resto della Compagnia: dal Tebaldo di Edmondo Tucci, al Benvolio di Salvatore Manzo e alla sensibilissima Lady Capuleti di Alessandra Veronetti. Molto ben eseguite le danze d’insieme e le grandi scene di combattimento.
Bene anche l’aspetto strettamente musicale che ha visto la conduzione di Alexeij Bogorad a capo dell’Orchestra del Teatro di San Carlo. Note più dolenti per quanto concerne la parte visiva: le scene di Nicola Rubertelli sono apparse un po’ sacrificate dal quasi onnipresente drappo bianco utilizzato di volta in volta a creare nuove ambientazioni e controscene.
Per concludere, in tempi di canicola e partite di calcio ad ogni ora, ci sia concesso: a Napoli, Italia batte (ampiamente) Russia.
Matteo Iemmi
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Olesya Novikova e Leonid Sarafanov – Romeo e Giulietta. © Ph. Luciano Romano.
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Il corpo di ballo in Romeo e Giulietta. © Ph. Luciano Romano.
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Olesya Novikova e Leonid Sarafanov – Romeo e Giulietta. © Ph. Luciano Romano.
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